Vero, da un punto di vista normativo, in quanto la produzione del cemento ricade nell’elenco contenuto nel Decreto del Ministero della Sanità del 05/09/1994, che aggiorna elenca le industrie classificate come insalubri. Lo scopo di tale elenco, già previsto dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934, e dunque ampiamente antecedente le odierne discipline ambientali, era quello di individuare quelle manifatture che producevano vapori, gas o altre esalazioni potenzialmente “insalubri”.
Falso, in quanto oggi, tali attività sono caratterizzate da soluzioni tecnologiche e impiantistiche avanzate e sottoposte a presidi di controllo che impongono l’attuazione di misure efficaci per contenere le emissioni, riducendone in concreto i rischi.
Nella sostanza, tutte le nostre cementerie, anche a seguito della Decisione di esecuzione della Commissione UE 2013/163, in attuazione della Direttiva Europea 2010/75 sulle emissioni industriali, applicano le MTD (Migliori Tecniche Disponibili) di settore per contenere, controllare e mitigare gli impatti e in sostanza per essere pienamente compatibili con il contesto ambientale in cui operano.
In quanto al Decreto, sono oltre 200 le attività “insalubri di prima classe” in esso elencate, molte delle quali rappresentano prodotti di cui quotidianamente facciamo uso. Sono compresi nell'elenco i depositi di frutta e verdura, le lavorazioni di prodotti ittici e macellazione di carni, le produzioni di formaggi, gli zuccherifici, la produzione di conserve, gli impianti di recupero di carta e cartone, la produzione di legno e compensati, quella di cablaggi elettrici e di materie plastiche, la lavorazione del vetro, di metalli, di prodotti farmaceutici e cosmetici, di saponi, di filati e tinture e ancora allevamenti di animali, stalle, maneggi e produzione di mangimi.